Cronaca

Inchiesta "Stipendi spezzati", marito e moglie restano agli arresti domiciliari

Salvatore Lupo, 41 anni, ex presidente del consiglio comunale di Favara, e la consorte Maria Barba, detta "Giusy" sono stati destinatari, la scorsa settimana, di un'ordinanza cautelare

Nel riquadro, Salvatore Lupo

Il giudice Alfonso Malato ha rigettato l'istanza di revoca o, in subordine, di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Salvatore Lupo, 41 anni, ex presidente del consiglio comunale di Favara, e la moglie Maria Barba, detta "Giusy" di 35 anni restano, dunque, ai domiciliari.

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La coppia era stata destinataria, nei giorni scorsi, di un'ordinanza cautelare firmata dal Gip Alfonso Malato ed eseguita dagli stessi carabinieri che si sono occupati delle indagini: quelli della compagnia di Licata, coordinati dal capitano Marco Currao. Martedì scorso poi sono stati sottoposti ad interrogatorio di garanzia. 

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Secondo quanto scritto dal giudice Alfonso Malato "permangono, nel medesimo grado, tanto i gravi indizi di colpevolezza quanto le esigenze cautelari esposte nel recentissimo provvedimento con il quale è stata applicata la misura" e dunque il magistrato ha rigettato l'istanza avanzata dalla difesa.

Quattro le ordinanze cautelari, due delle quali appunto quelle a carico di Lupo e della moglie, che vennero eseguite, la scorsa settimana, dai carabinieri della compagnia di Licata. L'inchiesta - a carico di complessive otto persone - è stata denominata "Stipendi spezzati" ed ipotizza una associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni.

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Oltre alla coppia sottoposta agli arresti domiciliari, per due donne sono stati disposti un obbligo di dimora ed un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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Il 18 gennaio del 2016, a Licata, venne eseguita l'operazione "Catene spezzate" - che ipotizzava maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti degli ospiti di una struttura d'accoglienza per disabili - . L'indagine dei carabinieri fece scattare, allora, 5 misure cautelari.

Già durante gli interrogatori di garanzia dell'inchiesta "Catene spezzate", sentendo alcuni dipendenti emerse un presunto giro di estorsioni sugli stipendi. I carabinieri di Licata, da allora, hanno effettuato indagini ed accertamenti. La nuova inchiesta - che è stata coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Macaluso, oggi trasferito ad altra sede, - avrebbe fatto emergere che ai dipendenti della "Cooperativa sociale Suami - Onlus" prima venivano accreditati su conto corrente le mensilità dovute e poi, con carte bancomat intestate proprio agli stessi dipendenti, venivano fatti i prelievi. Ed ai dipendenti restava il 50 per cento circa - stando all'ordinanza di custodia cautelare - di quanto invece risultava sulla busta paga.

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