Cronaca

Marmista massacrato nel suo laboratorio, la difesa: "Prove incerte, serve perizia"

I legali di Gaetano Sciortino sollecitano alla Corte di assise nuovi accertamenti sulle tracce biologiche trovate nel laboratorio

Il luogo dell'omicidio, nel riquadro la vittima

Troppe lacune negli accertamenti scientifici disposti dalla Procura e diversi punti da chiarire nella ricostruzione dei fatti. Gli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, difensori dell'operaio cinquantacinquenne Gaetano Sciortino, accusato di avere brutalmente ucciso il marmista Giuseppe Miceli, massacrato a 67 anni nel suo laboratorio, chiedono alla Corte di assise, presieduta da Wilma Angela Mazzara, di disporre una perizia per fare luce "sui tanti aspetti rimasti oscuri nell'indagine".

Secondo i consulenti della difesa - Gregorio Seidita, docente di genetica forense dell'Università di Palermo e il biologo Davide Miceli - ci sarebbero almeno tre profili genetici "ignoti" nel luogo del delitto. I legali hanno chiesto, adesso, alla Corte di integrare le prove scientifiche raccolte nel laboratorio dove, nella notte fra il 7 e l'8 dicembre del 2015, l'artigiano fu massacrato con alcuni arnesi che si trovavano all'interno e con degli oggetti di marmo". 

La tesi della Procura è che Sciortino, per un movente mai messo compiutamente a fuoco, abbia prima pedinato la sua vittima e poi l'abbia massacrata nel suo stesso laboratorio dove, però, non ci sono tracce biologiche a lui riconducibili e – secondo i consulenti della difesa – ci sarebbero tracce di tre “ignoti”. Il pm Gloria Andreoli non si è opposta e la Corte scioglierà la riserva il 15 ottobre. 


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